lunedì, Settembre 16

Perché il tasso di fecondità di una donna è così importante?

Secondo alcune autorevoli stime, a fine marzo 2021, la popolazione mondiale ammonterebbe a 7,85 miliardi di persone e secondo l’ONU, nel 2100 potrebbe toccare i 10 miliardi. Messa così il problema che ci appare evidente e come contenere una crescita demografica così impetuosa e per la quale il nostro pianeta non ha risorse sufficienti. Le cose, come spesso accade se si esamina la realtà con attenzione, non sono proprio così., o almeno non vanno in questa direzione per una parte significativa del mondo, il problema drammatico che si prospetta è l’inverso: un insostenibile calo demografico.

Per capire questa apparente contraddizione partiamo da una sigla: Tft. Si tratta del tasso di fecondità totale di una donna, ovvero il numero dei figli che una donna può avere nel corso della sua vita. Per calcolare questo indicatore dobbiamo partire dal periodo fertile di una donna, ovvero dal numero di anni che intercorrono tra il menarca e la menopausa.

L’età delle prime mestruazioni in Occidente è sensibilmente calata passando dai 17 anni delle società pre-industriali ai circa 13 anni odierni. Il periodo della menopausa invece si è leggermente innalzato ed avviene mediamente intorno ai 50 anni. Il periodo fertile (teorico) di una donna è quindi confinato tra questi due estremi ed è pari a circa 38 anni rispetto ai 30 anni di alcuni secoli fa.

Il secondo fattore che deve essere tenuto in considerazione per calcolare il Tft è il numero delle ovulazioni che si riscontrano in questo lasso di tempo e che possiamo stimare tra le 300 e le 400. Siccome ogni gravidanza previene il verificarsi di dieci di queste, e altre cinque o sei vanno sottratte a causa della ridotta possibilità di concepimento durante il periodo – tradizionalmente prolungato nel tempo – dell’allattamento, il tasso massimo di fecondità totale ammonta a circa due dozzine di gravidanze.

Quindi in linea del tutto teorica (escludendo gravidanze gemellari) una donna può concepire al massimo 24 figli nel corso della sua vita. Nella realtà i tassi di fecondità sono stati molto più bassi a causa, soprattutto nel passato, di aborti spontanei, nati morti, sterilità e morte prematura della madre. Questi fattori riducono i tassi di fecondità massima delle popolazioni a una cifra compresa tra le 7 o le 8 nascite per donna. Questo tasso è stato comune a tutti i continenti fino al XV secolo, in alcune regioni asiatiche fino a due generazioni fa ed ancora valido per alcune aree africane come il Niger che ha un Tft di 7,5.

Oggi assistiamo però in una parte tutt’altro che marginale del mondo ad un crollo di questo tasso. Questa tendenza riguarda gran parte del Vecchio Continente, con l’Italia in testa ma anche il Giappone e la Cina, anche se su quest’ultima pesano le ferree politiche di controllo delle nascita adottate dal Partico Comunista cinese. Il calo repentino e pronunciato del Tft dipende da una serie di fattori quali il miglioramento degli standard di vita, la meccanizzazione dell’agricoltura e la sua minore rilevanza nella sfera economica, l’automazione diffusa, i processi di industrializzazione e urbanizzazione di massa, il crescente coinvolgimento delle donne nella forza lavoro urbana, i progressi fatti nel campo dell’istruzione universale, un migliore sistema sanitario, un tasso di sopravvivenza dei nuovi nati piú elevato, e l’introduzione di un sistema di welfare garantito dallo Stato.

Questo processo di sostenuta decrescita del Tft non è stato omogeneo, ci sono stati che hanno impiegato 200 anni (Danimarca) e 170 (Svezia) per veder precipitare il tasso di fecondità ed altri come la Corea del Sud sono passati in poco più di 30 anni da un Tft di 6 figli per donna ad un valore inferiore alla soglia di sostituzione. La soglia di sostituzione è il tasso di fecondità che permette di mantenere la popolazione a un livello stabile. È un valore che si aggira intorno a 2,1, con quel decimale in piú necessario al fine di compensare le donne che moriranno prima di raggiungere l’età fertile.

Una quota sempre più ampia dell’umanità vive in società che non raggiungono la soglia di sostituzione e quindi non garantiscono il ricambio generazionale. E’ stato calcolato che nel 2050 quasi tre quarti dell’umanità risiederanno in Paesi con un tasso inferiore alla soglia di sostituzione. Le conseguenze sono certamente di ordine demografico. Un dato su tutti l’Europa nel 1900 ospitava il 18% della popolazione mondiale, nel 2020 soltanto il 9,5%. Per contro l’Asia ha acquisito una straripante forza demografica, la sua popolazione nel 2020 rappresenta il 60% di quella mondiale.

Si tratta di un trend irreversibile? Dal punto di vista statistico quando il Tft scivola sotto l’1,5 è estremamente difficile, anche in presenza di consistenti politiche attive di sostegno alla natalità, che si possa recuperare terreno fino a raggiungere almeno la soglia di sostituzione. Nel 2019 si è registrato il record negativo di 1,3 nascite per donna in Spagna, Italia e Romania; e di 1,4 in Giappone, Ucraina, Grecia e Croazia.

Ma le conseguenze non sono soltanto di ordine demografico, investono anche la geopolitica e soprattutto l’economia. Una decrescita sostenuta della popolazione accompagnato da un innalzamento della aspettativa di vita si traduce in una bomba ad orologeria per i sistemi previdenziali ed il welfare in generale dei paesi che la subiscono, a cui va aggiunto la mancanza di forza lavoro soprattutto per le posizioni medio-basse ed una complessiva minor vitalità della società.

Per i paesi che hanno imboccato in modo significativo la strada del declino demografico, nel breve e medio periodo l’unica soluzione è rappresentata dall’apertura dei confini per i migranti sapendo bene che anche soltanto evocare questa possibilità alimenta paure, miopi egoismi e la progressiva trasformazione multietnica di una società con tutto quello che ciò si trascina dietro ad iniziare dalla xenofobia e dal razzismo.

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