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Quanto era diffuso il matrimonio d’amore nel Medioevo?

Il matrimonio rappresentava, anche nel lunghissimo periodo storico che chiamiamo Medioevo, una cesura nella vita delle persone. L’unione di un uomo e una donna, per i laici, costituiva una linea di demarcazione netta, tra un prima e un dopo. Contrariamente a quello che accade dall’età moderna in poi, ci troviamo di fronte, in prevalenza, ad una relazione sociale costruita tra due famiglie diverse, piuttosto che ad una libera scelta compiuta da due individui. Il matrimonio d’amore quindi non era contemplato? Le cose come vedremo non sono così nette e assolute.

L’amore del popolo

Nonostante le strutture rigide che sono alla base del matrimonio, soprattutto tra le classi meno agiate e i contadini, che rappresentavano la parte preponderante della popolazione medievale, non era infrequente che fosse il sentimento amoroso tra due persone, la forza motrice del matrimonio. Lo evinciamo tra le tanti fonti disponibili anche dal registro dell’Inquisitore Jacques Fournier.

Da questo registro sappiamo del caso di Jean Maury, figlio di Guillemette Maury, abitante nel villaggio di Montaillou che fugge a San Mateo perché è innamorato di una ragazza, una certa Marie. L’unione inizialmente è osteggiata ma alla fine sua madre e il perfetto Bélibaste finiscono per accettare che i due si sposino.

Più facile è la situazione del balivo dello stesso villaggio, Montaillou, Bernard Claurgue che perde letteralmente la testa per Raymonde Belot, al punto che scriverà nel 1321: “Più di dodici anni fa, in estate mi sono innamorato di Raymonde, che oggi è mia moglie”.

Per lui è certamente più facile essendo benestante e balivo del villaggio, rappresenta un ottimo partito ed è quindi al riparo da un possibile rifiuto dei genitori di Raymonde.

Chi può permettersi il matrimonio d’amore

Paradossalmente il matrimonio d’amore si verifica come abbiamo accennato soprattutto tra i contadini e gli artigiani, mentre per l’aristocrazia rimarrà un’eventualità poco significativa. Inoltre quando esso si verifica è quasi sempre dietro l’iniziativa di un maschio.

Il registro dell’Inquisitore Fournier ci racconta di unioni d’amore “sollecitate” dagli uomini, mentre segnala che sono poche le giovani donne che si sposano per assecondare il sentimento amoroso. Le donne di Montaillou, quando coniugano il verbo amare, pensano (come per l’amor cortese) a un sentimento che esiste al di fuori del matrimonio, cioè al di fuori di ogni speranza di unione legale.

Ci si sposa quindi per una molteplicità di motivi, quasi tutti in relazione alla famiglia di appartenenza ed alla volontà paterna, piuttosto che per assecondare un sentimento.

Il ruolo della Chiesa

Il capofamiglia è colui che decide quale matrimonio è auspicabile per i propri figli. Eppure la Chiesa fin dal 866, con Papa Niccolò I aveva adottato la dottrina del consenso, che fra i due promessi sposi doveva estrinsecarsi durante il fidanzamento.

Nel XII secolo, il consenso dei genitori non è in teoria più una condizione basilare per uno sposalizio valido. “È l’accordo [degli sposi] a fare le nozze”, recita un detto famoso. Rimane il fatto che pur perdendo, dal punto di vista della dottrina religiosa, ogni fondamento di legalità, l’imposizione paterna e/o della famiglia di provenienza, giocherà un ruolo fondamentale ancora per molti secoli.

Come cambia il rito del matrimonio

Già dal XI secolo il matrimonio viene celebrato con una funzione ad hoc prima della messa. Il sacerdote esce dalla chiesa per svolgere il suo ruolo nel rito nuziale ecclesiastico, quindi rientra e celebra la messa.

Solo nel 1215, nel corso del Concilio Lateranense IV, la Chiesa cattolica regolamentò la liturgia per il matrimonio e gli aspetti giuridici relativi a esso. È nel corso di questo secolo che il sacerdote sostituisce il padre nel momento della congiunzione delle mani dei due sposi.

Nella bolla di unione con gli Armeni del 22 novembre 1439 il Concilio di Firenze dichiara a proposito del matrimonio: «Settimo è il sacramento del matrimonio, simbolo dell’unione di Cristo e della Chiesa, secondo l’Apostolo, che dice: Questo sacramento è grande; lo dico in riferimento al Cristo e alla Chiesa. Causa efficiente del sacramento è regolarmente il mutuo consenso, espresso verbalmente di persona. Triplice è lo scopo del matrimonio: primo, ricevere la prole ed educarla al culto di Dio; secondo, la fedeltà, che un coniuge deve conservare verso l’altro; terzo, l’indissolubilità del matrimonio, perché essa significa l’unione indissolubile di Cristo e della Chiesa»

Dobbiamo aspettare il Concilio di Trento (1545-1563) affinché si adotti la forma canonica del matrimonio, che prevede obbligatoriamente la presenza dei due coniugi, di due testimoni e, salvo casi eccezionali, di un ministro di culto validamente ordinato, nonché la trascrizione nei registri parrocchiali dell’atto di matrimonio.

Dove nasceva l’amore

Per innamorarsi occorre incontrarsi, frequentarsi, insomma costruire delle relazioni nel tempo e nello spazio. Per i giovani contadini queste occasioni erano costituite soprattutto da feste, sagre e ricorrenze come la festa del primo maggio o quella del 14 febbraio, San Valentino.

Quest’ultima festa secondo la tradizione, era stata istituita nel 496 d.C. da papa Gelasio I con l’intenzione di sostituire le “lupercalia“, ovvero una ricorrenza pagana in cui le persone offrivano riti al dio della fertilità Luperco. Le lupercalia venivano celebrate il 15 febbraio e consistevano in festeggiamenti sfrenati e sensuali.

Durante il Medioevo, a San Valentino, ragazzi e ragazze mettevano il loro nome su pezzetti di carta, di colore diverso a seconda del sesso. Poi venivano estratti a sorte, in modo alternato tra maschi e femmine e queste coppie costruite dal “caso” rimanevano “legate” per circa un anno.

Tuttavia, è solo all’interno di certe costrizioni (endogamia, situazioni sociali equilibrate) che poteva manifestarsi la libertà di scelta, e quindi un sentimento amoroso in una coppia.

Per saperne di più:

Il Concilio di Trento

Fonti:

Alcune voci di Wikipedia

Verdon, Jean. La vita quotidiana ai tempi del Medioevo

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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