
Satelliti alimentati dai detriti spaziali. I satelliti, alimentati da metallo solido, potrebbero un giorno utilizzare i detriti spaziali come carburante. Dall’inizio dell’era spaziale sono stati messi in orbita oltre 20.000 satelliti, un numero destinato ad aumentare nei prossimi anni. Alcuni dei satelliti inviati sono stati bruciati nell’atmosfera o sono ricaduti sulla Terra, spesso nell’oceano. Ma più di 13.000 sono ancora lassù. Circa un quinto di questi è inattivo, semplicemente in orbita come spazzatura spaziale. Negli ultimi due decenni centinaia di questi satelliti si sono scontrati, creando così milioni di pezzi di schegge.
I detriti spaziali creano un rischio costante di collisione per i satelliti attivi e per la Stazione Spaziale Internazionale. Un problema così grave che esistono diverse reti di sorveglianza in tutto il mondo che monitorano migliaia di oggetti di grandi dimensioni per spostare i veicoli spaziali quando necessario.
La crescente minaccia dei detriti spaziali richiede una riduzione della quantità di spazzatura spaziale. La startup britannica Magdrive afferma di poter risolvere il problema, tramite un nuovo sistema di propulsione per veicoli spaziali che saranno lanciati nello spazio per la prima volta quest’anno e saranno alimentati da metallo solido, ossia i detriti.

I satelliti e la nuova tecnologia
Mark Stokes, che ha co-fondato Magdrive nel 2019 ha dichiarato che: “Volevamo costruire qualcosa che spostasse davvero l’ago per l’umanità nell’industria spaziale e ci facesse salire i gradini della scala per diventare una civiltà spaziale. L’utilizzo di un sistema di propulsione in metallo solido può rendere i satelliti 10 volte più manovrabili, riducendo al contempo di 10 volte la massa dedicata alla propulsione”.
La Magdrive sta lavorando a tre versioni dei suoi propulsori spaziali. Un giorno questi potrebbero addirittura essere alimentati da detriti spaziali raccolti direttamente in orbita, trasformandoli da minaccia a fonte di carburante.
Il primo sistema Magdrive, chiamato Warlock, è destinato ad essere lanciato in orbita a giugno 2025. Questo funziona creando energia tramite pannelli solari di bordo, proprio come gli attuali sistemi di propulsione elettrica. Ma mentre gli attuali sistemi elettrici utilizzano l’energia per ionizzare, o far detonare, un gas pressurizzato, spesso una sostanza chimica tossica chiamata idrazina, Magdrive la utilizza per ionizzare il metallo solido.

I satelliti alimentati da spazzatura
Il sistema, per ora, non è rifornibile. In un futuro più lontano, tuttavia, Mark Stokes ritiene che il sistema potrebbe ottenere il suo carburante dai detriti spaziali esistenti, raccogliendo satelliti morti per il metallo da usare come propellente. Per ora questo piano è solo ipotetico.
Mark Stokes ha spiegato che: “Il vantaggio di questo è che saremo in grado di chiudere il cerchio sulla nuova economia dell’era spaziale utilizzando risorse che sono già lì”. Ciò renderebbe Magdrive l’unico sistema di propulsione che non deve portare con sé il suo carburante ogni singola volta. L’azienda punta alla sua prima distribuzione commerciale entro l’anno prossimo e si rivolge a clienti con un’ampia gamma di esigenze.
Secondo MinKwan Kim, professore associato di astronautica presso l’Università di Southampton, nel Regno Unito, che è stato coinvolto in progetti di ricerca e collaborazioni con Magdrive, l’uso di combustibile solido in metallo offre uno stoccaggio e una gestione semplificati rispetto ai propellenti a gas o liquidi. Consente un design semplice che è particolarmente adatto alla produzione di massa.

Conclusioni
MinKwan Kim ha affermato che l’uso di detriti spaziali come combustibile, è teoricamente possibile, ma ci sono notevoli sfide tecniche e normative. La prima è che mentre i detriti spaziali possono sembrare una risorsa gratuita, il Trattato sullo spazio extra-atmosferico (OST) delle Nazioni Unite stabilisce che la proprietà degli oggetti lanciati nello spazio rimane invariata, anche se diventano detriti. Ciò significa che dev’essere richiesta l’autorizzazione del proprietario originale prima di riciclare un satellite.
Alcuni satelliti contengono dati sensibili o tecnologia proprietaria. Ciò rende i proprietari riluttanti a concedere l’accesso. Infine, il paese di lancio è responsabile di eventuali incidenti causati da un satellite riciclato, aggiungendo un ulteriore livello di complessità legale. Tra le questioni pratiche secondo MinKwan Kim c’è che: “I satelliti dismessi sono incontrollabili e spesso cadono, rendendo il recupero estremamente difficile. Catturarli e metterli in sicurezza richiede manovre complesse, una tecnologia ancora agli inizi”.
MinKwan Kim conclude aggiungendo che i satelliti non sono fatti solo di metallo, ma anche di materiali come silicio e polimeri, il che è un problema perché la qualità e la purezza del propellente metallico influiscono direttamente sulle prestazioni di spinta. Quindi senza uno stretto controllo sulla composizione del metallo raccolto, ottenere una spinta affidabile e prevedibile sarebbe difficile. Di conseguenza, mentre il metallo derivato dai detriti spaziali potrebbe essere adatto per manovre non di precisione come il deorbitamento, è improbabile che sia utilizzabile per la propulsione ad alta precisione.
FONTE:
https://edition.cnn.com/science/satellite-powered-solid-metal-magdrive-spc/index.html