lunedì, Settembre 16

Scienza e metafora, una strana coppia

L’Enciclopedia Treccani definisce la metafora come una figura retorica che risulta da un processo psichico e linguistico attraverso cui, dopo aver mentalmente associato due realtà differenti sulla base di un particolare sentito come identico, si sostituisce la denominazione dell’una con quella dell’altra. È un procedimento di trasposizione simbolica di immagini; una similitudine abbreviata in cui il rapporto tra due cose o idee è stabilito direttamente senza la mediazione del ‘come’ . La metafora svolge funzioni complesse: come meccanismo di arricchimento ed evoluzione della lingua, come mezzo efficace di espressione, come strumento conoscitivo di realtà nuove o colte da nuovi punti di vista (metafore scientifiche, macchie solari, buco nero, ecc.).

In fisica la metafora viene utilizzata spesso in situazione di crisi e in discussioni in quel territorio di confine che si colloca tra la scienza e la filosofia. Uno degli esempi storicamente più celebri appartiene a uno dei più grandi fisici di tutti i tempi, Albert Einstein. Il papà della relatività generale pur avendo contribuito in modo significativo alla nascita della meccanica quantistica contestava duramente la sua formulazione più nota, la cosiddetta “interpretazione di Copenaghen” che poneva l’accento sulla natura probabilistica della meccanica quantistica.

Per Einstein la fisica doveva essere deterministica. Così nacque la celebre fase «Dio non gioca a dadi», alla quale pare che Bohr abbia risposto: «Einstein, smettila di dire a Dio quello che deve fare o non fare». Un altro grande fisico del Novecento, Wolfgang Pauli, quando negli anni Cinquanta si scoprì che le interazioni deboli (le forze responsabili dei decadimenti radioattivi) non conservano la parità, riassunse lo sconcerto della comunità scientifica con un’altra metafora: <<Non mi stupisco tanto che Dio sia mancino, ma piuttosto che Dio sia soltanto debolmente mancino>>.

Ovviamente l’utilizzo delle metafore non si limita alla fisica, in biologia, ad esempio dopo la scoperta del ruolo decisivo dell’informazione codificata nel DNA si iniziò a mutuare metafore dalla scienza dei computer. E così l’apparato proteico diventa l’hardware mentre il software è il DNA. La metafora (software/DNA e hardware/proteine) ebbe un successo enorme in quanto aveva un forte potere di semplificare un concetto complesso e riassumeva bene lo stato delle conoscenze dell’epoca. Successivamente questo tipo di metafora fu progressivamente abbandonata quando si acquisirono nuove conoscenze sul DNA e in particolare sulla sua capacità di auto modificarsi.

Per una metafora che diventa obsoleta altre e nuove emergono seguendo l’evoluzione della conoscenza scientifica. Sempre più spesso si utilizzano, ancora in biologia, metafore appartenenti al mondo della fisica come le reti o la geometria frattale. Paradossalmente in fisica molti scienziati cercano di smontare l’utilizzo delle metafore ma si tratta di un obiettivo non soltanto difficile da raggiungere, ma forse anche sbagliato.

La velocità e la complessità dell’evoluzione della conoscenza scientifica fanno si che gli aspetti metaforici e non esplicitabili del linguaggio sono essenziali per comprendere la dinamica dei cambiamenti concettuali nella scienza e della disseminazione del significato delle sue acquisizioni.

Fonti:

Enciclopedia Treccani

Un volo di storni, di G. Parisi

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