lunedì, Settembre 16

“Un ticket di 5 euro a Venezia? No, va posto ai confini d’Italia”

Il nostro Paese è uno scrigno incredibile di tesori storico artistici che tutto il mondo ci invidia Eppure i primi a prendere in scarsa considerazione questo immenso patrimonio siamo proprio noi italiani. Occorre un maggiore e più attenta valutazione e riflessione culturale non solo economica.

Intervista a Luca Sforzini


La riflessione prende le mosse da Luca Sforzini proprietario del Castello di Castellar Ponzano, in provincia di Alessandria sulle dolci colline tortonesi ed esperto d’arte. Gli chiediamo che cosa ne pensa del progetto di imporre un ticket di 5 euro per l’accesso dei turisti a Venezia.
“E’ troppo basso e comunque va posto ai confini dell’Italia non di Venezia – risponde Sforzini -. Il ticket posto all’ingresso della Serenissima impone a tutti una riflessione culturale, non solo economica”.

Luca Sforzini è uno che dalle parole è passato ai fatti concreti perché per dare un aiuto alla salvaguardia del nostro patrimonio storico artistico,nel corso del 2022 ha portato a termine l’acquisto del Castello millenario di Castellar Ponzano insieme con le sue antiche pertinenze investendo sue risorse private al fine di riportare in vita il maniero e restituirlo all’utilizzo pubblico.

“L’Italia è, tutta intera, un unico enorme museo a cielo aperto – spiega Luca Sforzini, e quindi l’obiettivo non deve essere una limitazione dei flussi turistici che, per altro, non sono affatto scoraggiati dai ticket; il vero obiettivo deve essere la capacità di sottolineare lo straordinario valore di tutto ciò che si può ammirare sul nostro territorio. Certo, facendo pagare. Ma 5 euro è poco, troppo poco, infinitamente poco! meno del costo di un panino in autogrill”.

Questo comportamento ha come risultato il deprezzamento, lo svilimento, la sottovalutazione, arrivando talvolta ad oltraggiare ciò che è gratuito e in quanto tale dato per scontato. Ed è per questo che per Sforzini “Facendolo pagare si sottolinea il valore: di un bene, di un servizio. In questo caso l’enorme valore immateriale che rende grande l’Italia nel mondo: la sua Bellezza, la sua Arte, la sua Storia e Cultura”.

Occorre pagare per entrare in Italia


E allora tutto bene? No prosegue Sforzini ampliando la riflessione: “È un errore esentarne i residenti di una sola regione, il Veneto, come se nel Risorgimento l’Italia non fosse stata unita e i nostri avi avessero ricondotto invano millenni di storia a un patrimonio comune. Come pure è riduttivo limitare il ticket a un solo centro storico. Chiunque ha avuto esperienza di come la straordinaria bellezza alla quale siamo ormai assuefatti, ti sorprenda ovunque in Italia, dietro l’angolo anche d’ogni piccolo borgo, come spunti all’improvviso dopo la curva di una stradina di campagna, in forma di Castello o palazzo storico di struggente bellezza, o di paesaggio naturale unico al mondo”.

Quindi non si può escludere nulla del nostro Paese e Sforzini conclude, “No, la verità è che bisogna far pagare per entrare in Italia, tout court. E solo gli Italiani tutti, devono esserne esentati”.

Polemiche giuste per accendere i riflettori sul nostro patrimonio poco apprezzato


Una proposta che però é destinata a sollevare polemiche e critiche.
“Certo – prosegue Sforzini – critiche sacrosante. Perché sarebbe una scelta radicale, una forzatura. Anche la polemica è un bene, perché accende i riflettori su un problema: in Italia abbiamo una diffusa straordinaria Bellezza, straordinariamente fragile. Una Bellezza che va protetta. Un ticket servirebbe a sensibilizzare e responsabilizzare i turisti e gli Italiani stessi a capire, proteggere (gli Italiani) ed a pretendere qualità ed alto livello dei servizi di contorno (i turisti). Un circolo virtuoso che punti sulla qualità più che sulla quantità”. 

Ma Sforzini allarga ulteriormente il discorso: “Vedere i trulli di Alberobello (patrimonio Unesco) stipati di chincaglieria da due soldi in vendita a ogni angolo, oppure Roma o Firenze invasi da fastfood di grandi catene e spacci di ciarpame, non valorizza nulla. È come mettersi a rincorrere il prezzo del vino sfuso, anziché puntare su vini di qualità come Buttafuoco, Barbaresco o Brunello”.

E con la UE? Il ticket farebbe percepire il valore delle nostre bellezze


Però come la mettiamo con l’Unione Europea?
Bisogna pur privilegiare un’identità, e l’Europa – commenta Sforzini con grande dispiacere da ex studente Erasmus a Cambridge – al momento non si è ancora meritata culturalmente una nostra scelta così netta in suo favore. Con un ticket d’ingresso in Italia faremmo percepire il valore della nostra straordinaria bellezza a chi viene da fuori e agli stessi Italiani. E’ un’operazione culturale. Sdebitandocene nell’unico modo possibile: in un circolo virtuoso, investendo l’intero ricavato dei ticket esattamente nella Storia, Cultura e Bellezza stesse. Valorizzando musei, restaurando palazzi, dipinti, giardini e chiese, approfondendo studi storici e ricerche. E raccontando nel mondo quanto è straordinaria l’Italia con la promozione della qualità”.

Così facendo commenta Sforzini si inverte una tendenza vergognosa: “Dal 2012 l’andamento del bilancio del Ministero della Cultura è sempre oscillato al di sotto della soglia dell’1% sul budget annuale di spesa, attestandosi sullo 0,4% per le annualità 2023 e 2024. Una percentuale che secondo i dati Eurostat, ricordati daI Sole 24Ore del 12 gennaio 2024, sono fermi ancora al 2021, e posizionano l’Italia al terzultimo posto in Europa per gli investimenti statali nel settore” (fonte: Il Sole 24ore 12.01.2024).

Foto tratte da Pixabay

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights