In genere, quando si parla di animali che brillano al buio, si pensa sempre alle lucciole, che trapuntano di minuscole luci le notti primaverili in giardini e boschi. I loro sono soprattutto segnali sessuali per la riproduzione. Oppure a certi pesci che vivono negli oceani a grandi profondità, come il pesce lanterna, che illumina il suo habitat, per muoversi e cacciare, attirando prede e eventuali partner di accoppiamento.
In questi casi, di organismi bioluminescenti, l’emissione luminosa avviene per reazioni chimiche, che producono luce propria. La luciferina è la sostanza che emette luce, coadiuvata da un’altra, la luciferasi, che catalizza il processo.
Sono ben 125 specie di animali, terrestri e marini, che solo se esposti a luci di alta frequenza, come i raggi ultravioletti, ne emettono altre a frequenze più basse, di colore rosso-arancio, giallo e verde. In tali organismi si parla di biofluorescenza. Le spiegazioni plausibili sono diverse.
Secondo alcuni studiosi, forse ad animali di abitudini notturne potrebbe servire farsi notare da altri della loro specie, per la selezione sessuale, o mimetizzarsi per sfuggire a predatori, con capacità visive che rilevano luci di basse frequenze. Secondo altre ipotesi, potrebbe essere utile alla ricerca di cibo.
Fino a qualche tempo fa si pensava che solo il pelo dicerti opossum americani potesse risplendere alla luce ultravioletta, ma poi si è scoperto che questa capacità riguarda anche vari marsupiali, gli armadilli ed anche ornitorinchi ed echidne. Pure le lepri saltatrici, sia in esemplari morti di musei, sia in quelli vivi, se illuminati da UV, mostrano macchie tra il rosso e l’arancione, concentrate su testa, zampe posteriori, la schiena e la coda.
Dalle analisi chimiche è trapelato che tra le molecole che producono la fluorescenza ci sono le porfirine. Queste sono responsabili anche di una malattia, che colpisce anche lo scoiattolo volpe, il rattus sordidus e gli esseri umani. Comunque resta il fatto che queste lepri hanno abitudini noturne, per cui la biofluorescenza potrebbe aiutarli a sfuggire a predatori sensibili ai raggi UV, assorbendo questi ed emettendo altri meno visibili.
L’emissione di luci da organismi viventi interessa tante specie, non solo animali, invertebrati e vertebrati, ma anche batteri e funghi e persino certi cactus dei deserti è un fenomeno spettacolare e meraviglioso, che merita ancora di essere studiato e chiarito del tutto, anche perché potrebbe fornirci in futuro utili applicazioni tecniche.
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