giovedì, Settembre 19

Siamo soli nell’universo? La NASA chiede delle nuove linee guida

Siamo soli nell’universo? La NASA chiede delle nuove linee guida. In quale modo vengono interpretati i nuovi risultati scientifici correlati alla ricerca della vita? Quando si potrà realmente dire se è stata rintracciata la vita extraterrestre? I ricercatori della NASA vorrebbero stabilire, insieme alla comunità scientifica delle nuove linee guida, che possano fornire un contesto appropriato per quanto riguarda i risultati relativi alla ricerca della vita. 

Gli scienziati, che hanno scritto la loro proposta sulla rivista Nature, vorrebbero creare una scala per poter valutare, e combinare, delle differenti linee guida. Queste dovrebbero fornire una risposta ad un quesito fondamentale, ossia se siamo soli nell’universo.

Il nuovo articolo pubblicato, che è stato redatto da Jim Green, capo scienziato dell’agenzia, un gruppo della NASA, fornisce una scala di esempio, che chiunque può usare, da poter utilizzare come punto di partenza per intraprendere delle discussioni.

Le nuove linee guida

La scala si baserà su diversi decenni di esperienza in astrobiologia, un campo che sonda le origini della vita sulla Terra e le possibilità di vita altrove. Jim Green, ha dichiarato che: “Avere una scala come questa ci aiuterà a comprendere dove siamo sia in termini di ricerca della vita in luoghi particolari che di capacità delle missioni e delle tecnologie che ci aiutano in quella ricerca”.

La nuova scala è composta da sette livelli. Questi riflettono una tortuosa e complessa scala di gradini, una salita che consentirebbe agli scienziati di poter dire di aver trovato la vita oltre la Terra. Jim Green, insieme ai suoi colleghi, per riuscire a far comprendere la nuova scala, hanno utilizzato un analogia, ossia la scala Technology Readiness Level. Questa è un sistema, utilizzato all’interno della NASA, per riuscire a valutare quanto sia pronta a volare una navicella spaziale o una tecnologia.

Con questa base si sono sviluppate tecnologie all’avanguardia come ad esempio l’elicottero Ingenuity. I progetti cominciano tutti con delle idee, successivamente si sviluppano in componenti rigorosamente testati di missioni spaziali che finiscono per fare la storia.  

The Technology Readiness Level

La nuova scala di riferimento

I ricercatori della NASA sperano che la loro nuova scala di riferimento possa essere in futuro utilizzata dagli scienziati e dai loro studi pubblicati nel campo dell’astrobiologia. Inoltre, potrebbe essere utilizzata anche dai giornalisti per impostare le aspettative del pubblico per quanto riguarda le storie sui nuovi risultati scientifici.

Mary Voytek, capo del programma di astrobiologia della NASA presso la sede della NASA a Washington e co-autrice dello studio, ha spiegato che: “Fin’ora, abbiamo indotto il pubblico a pensare che ci siano solo due opzioni: c’è la vita o non c’è la vita”.

Mary Voytek, ritiene che: “Abbiamo bisogno di un modo migliore per condividere l’entusiasmo delle nostre scoperte e dimostrare come ogni scoperta si basa sulla successiva, in modo da poter portare il pubblico, e altri scienziati, lungo il nostro viaggio”.

La ricerca della vita

Ogni nuova scoperta, come nel caso di Marte e delle prove che una volta sul pianeta era presente l’acqua, sono tutte emozionanti. Purtroppo, questo non significa necessariamente che in passato ci siano state forme di vita. Ci sono luoghi che ospitano acqua liquida, ma questa di per sé non è una prova della presenza di vita. Infatti, un qualunque rilevamento potrebbe non essere completamente spiegato da un processo biologico e deve quindi essere confermato attraverso delle misurazioni di follow-up e indagini indipendenti. 

L’articolo pubblicato su Nature offre un punto di partenza per la discussione. Al primo gradino della scala, ossia il “1° livello”, troviamo che gli scienziati devono riferire gli accenni di una firma di vita, come ad esempio una molecola biologicamente rilevante. 

Al secondo gradino troviamo il “2° livello. Qui gli scienziati devono assicurare che il rilevamento effettuato non è stato influenzato dagli strumenti contaminati sulla Terra.

Al “3° livello” invece devono mostrare in quale modo il segnale biologico si trova in un ambiente analogo, come ad esempio un antico lago sulla Terra simile al sito di atterraggio del rover Perseverance, il cratere Jezero. 

Gli scienziati al livello successivo devono fornire delle prove che andrebbero a integrare le rilevazioni iniziali con ulteriori informazioni legate all’ambiente e al fatto che possa supportare la vita, escludendo così le fonti non biologiche. I campioni restituiti da Marte, che rientrano in questa fase, potrebbero aiutare a fare questo tipo di progressi. 

Gli scienziati, per raggiungere il “5° livello”, hanno bisogno di un secondo rilevamento indipendente di qualche accenno di vita, come immagini globali del pianeta con colori che suggeriscono foreste o alghe. Gli scienziati avrebbero bisogno di telescopi aggiuntivi o osservazioni a lungo termine per essere sicuri di aver trovato la vita su un esopianeta.   

I campioni di Marte, elaborati con vari strumenti sulla Terra, ad esempio potrebbero fornire una combinazione di prove, facendo così raggiungere il “6° livello, equivalente al secondo gradino più alto della scala. 

Basandosi su questo esempio, gli scienziati per poter raggiungere il “7° livello”, uno standard in base al quale sarebbero sicuri di aver rilevato la vita su Marte, potrebbero avvalersi necessariamente di una missione aggiuntiva in un’ altra zona di Marte.  

Il James Webb Space Telescope

Conclusioni

Questa scala si potrebbe applicare anche alle scoperte al di fuori del sistema solare. I ricercatori ritengono che gli esopianeti, superino in numero i 300 miliardi di stelle della Via Lattea. Ma i pianeti piccoli e rocciosi sono molto più difficili da studiare da lontano rispetto ai giganti gassosi. 

Le future missioni dovranno analizzare le atmosfere dei pianeti delle dimensioni della Terra con temperature simili alle nostre, che ricevono quantità adeguate di luce stellare per produrre la vita così come la conosciamo. Il James Webb Space Telescope, che verrà lanciato entro la fine dell’anno, sarà il prossimo grande progresso in questo settore. 

Riuscire a rilevare l’ossigeno nell’atmosfera di un esopianeta, sarebbe un passo significativo nel processo di ricerca della vita. Questa generalmente è una molecola che può essere associata alla vita, ma non sempre è così, visto che può essere prodotta anche da processi geologici.

Le prossime missioni come nel caso di Europa Clipper, un orbiter diretto verso la gelida luna Europa di Giove alla fine di questo decennio, e il Dragonfly, un ottocopter che esplorerà Titano, luna di Saturno, forniranno delle informazioni vitali sugli ambienti in cui un giorno potrebbe essere trovata una qualche forma di vita.  

Scopri di più sul programma di astrobiologia della NASA su: 

https://astrobiology.nasa.gov

FONTE:

https://www.nasa.gov/feature/are-we-alone-in-the-universe-nasa-calls-for-new-framework

1 Comment

  • Che ci sarà vita nello spazio è chiaro, le foto che arrivano da Marte parlano chiaro, c’è vita, anche se non si fanno vedere,la loro tecnologia e super avanzata, architetture che rispecchiano la nostra, solo che il pianeta e più vecchio e le intemperie, distruggono tutto, forse bisognerebbe desiderare di cambiare e diventare più umani, per poter incontrare queste persone, perché loro ci raggiungono con i loro mezzi in poco tempo nella terra, noi no, è spero che accada il più tardi possibile, quando diventeremo più umani e meno interessati a fare profitto e lucrare, perché sulla terra succede questo, i marziani hanno superato la fai e credono in Dio scoperto scientificamente, dovremmo cominciare a fare una riflessione profonda e dire , Dio c’è anche se non si vede

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