Storia

Tasse e terra, la dura vita dei contadini medievali

L’economia medievale come abbiamo più volte ricordato è essenzialmente fondata sull’agricoltura. La ricchezza di una signoria, di una comunità, di un regno pertanto era basata sull’estensione della terra, sui raccolti e sulla capacità di assicurare, un certo numero di ore o di giornate alla cura collettiva di campi e boschi. Non deve quindi stupire che il “sistema fiscale” che gravava sui contadini fosse piuttosto pesante, tanto che, alla fine del Duecento, frate Ludovico, un francescano tedesco, dichiara che “gli agricoltori sono cari a Dio perché subiscono ingiustamente l’oppressione da parte dei signori”. E questa oppressione era costituita in prevalenza dalle tasse a cui essi dovevano soggiacere.

Lavorare gratis

Se fino al X-XI secolo le prestazioni gratuite (corvées) erano destinate soprattutto per la cura delle terre del Signore locale, dopo questa data, esse iniziano a spostarsi progressivamente verso interventi pubblici, come il mantenimento in buono stato delle strade. Illuminante un documento del priorato di Hurtsbourne, nello Hampshire, redatto verso il 1050, che ci da un’idea del peso che gravava sui contadini.

“Per ogni hide (120 acri) i contadini devono versare all’equinozio d’autunno 40 denari, sei misure di birra e tre sestari di frumento per il pane. Devono lavorare tre acri, seminarli coi loro semi e riporre il raccolto nel granaio. Devono inoltre tre libbre di orzo per il censo, falciare mezzo acro di prati e accovonare il fieno, fornire quattro carichi di legna tagliata e accatastarli, e fornire 16 pertiche di chiusura. A Pasqua devono due pecore con due agnelli (si contano due giovani montoni per un adulto); devono lavare le pecore e tosarle, oltre a lavorare a comando ogni settimana, tranne tre: a Natale, a Pasqua e per le Rogazioni”. In questo minuzioso elenco non è compresa la descrizione dettagliata dei lavori settimanali.

Una questione di censo

Il contadino di condizione libera deve pagare un “affitto” per la terra che coltiva. Il censo, così è chiamato, può essere versato al Signore o all’Abbazia, sia in argento che in beni naturali. I canoni feudali includono la decima percepita dalla Chiesa, tra l’VIII e il IX secolo, quando i laici confiscano una parte dei beni ecclesiastici, si ritiene che le decime facciano parte delle prerogative dei nuovi proprietari.

Tasse “banali” e taglie

Tasse e tributi sono imposte da chi detiene la massima autorità. L’imposta regia è databile dal 1357, quando occorre pagare un forte riscatto agli inglesi per liberare Giovanni il Buono, loro prigioniero. Queste tasse sono chiamate banalità, poiché derivano dal potere di bando, un ingiunzione di pagamento che inizialmente è accaparrata dai feudatari per poi passare come prerogativa esclusiva del Sovrano.

Con la monetizzazione dell’economia che inizia a dispiegarsi in modo sempre più accentuato a partire dalla seconda metà dell’XI secolo, inizia a diffondersi la taglia, una tassa che il Signore fa gravare sugli uomini del suo feudo come “ricompensa” per la sua opera di protezione della comunità. Con il passare del tempo questa giustificazione perde ogni residuale significato e si trasforma in una tassa arbitraria che il nobile fissa a suo piacimento.

La taglia regia deriva in parte da questa imposta dei signori locali. All’inizio è giustificata per retribuire i servizi armati, poi viene estesa a tutti i sudditi del principe. Quindi diventa una tassa territoriale, fissata per una certa comunità e che grava su tutti gli uomini della stessa.

Tasse dirette e indirette

Il focatico è invece un’imposta di quota, poiché ogni nucleo famigliare è tassato alla stessa maniera. Si potrebbe affermare che si tratta di una flat tax, ante litteram. Nel tardo Trecento l’imposta diretta per eccellenza è la taglia, laddove i tributi che colpiscono i trasporti o la vendita di certe derrate rappresentano le tasse indirette.

La pressione fiscale

Naturalmente da che mondo è mondo l’imposizione fiscale, spesso dura e impietosa, suscita tra i contadini lamentele, evasione e persino forme di ribellione pubblica. Nel complesso però occorre non enfatizzare eccessivamente la pressione fiscale, sia per una questione di “natura” dei balzelli, sia per la loro effettiva entità.

Il censo ad esempio è un affitto e non una tassa, inoltre generalmente non è molto alto, Quando poi la tenuta agricola viene affittata per decine di anni o addirittura perpetuamente (cosa abbastanza comune nel Medioevo), il censo in argento con il passare degli anni si svaluta, fino a diventare quasi simbolico dopo una decina di anni o poco più.

La decima non grava su tutti i raccolti, ma di solito solo sui cereali, e non raggiunge sempre la decima parte. E oltre a sostenere il mantenimento dei chierici e dei beni ecclesiastici finanzia l’assistenza pubblica e le scuole parrocchiali. Le banalità sono in effetti tra i tributi, spesso, più iniqui e arbitrari, anche se consentono un minimo di manutenzione di ponti e strade. La taglia arbitraria ordinata dal nobile locale è sempre meno frequente e spesso i Signori vi rinunciano per attirare nuovi coloni sulle proprie terre o trattenere i contadini durante un periodo di crisi, evitando lo spopolamento delle loro campagne.

L’organizzazione dei contadini

Ben presto però i contadini comprendono che per poter trattare con il Signore locale occorre organizzarsi e parlare con una voce sola. Si creano così le comunità di villaggio che tra l’altro hanno il compito di far valere i diritti individuali e collettivi di una determinata zona. Secondo il grande medievista Georges Duby, “La necessità di lottare e di difendersi rafforzò quindi (nell’XI e XII secolo) la solidarietà dei contadini. In Occidente, la comunità di villaggio, quest’associazione di tutti i capifamiglia nata dai rapporti di vicinato e saldatasi a causa del bisogno di regolare i rapporti tra il possesso privato dei campi e quello collettivo delle terre incolte, si rinsaldò sempre più”

Queste forme organizzative spesso tornano utile anche al Signore che può dialogare e trattare con rappresentanti di tutta la comunità per definire un imposizione fiscale sostenibile. Anche grazie a queste forme di autorganizzazione, fra l’XI e il XIII secolo le condizioni di vita migliorano ma, alla fine del Medioevo, mentre cresce l’influenza del contadini benestanti, peggiora ulteriormente la condizione dei poveri.

Verdon, Jean. La vita quotidiana ai tempi del Medioevo

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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