Categories: Sociologia

Tra virus e “democrazia”: cos’è la libertà?

Febbraio 2020 –2021: è passato un anno da quanto l’idea di quotidianità è stata rivoluzionata dalla pandemia di COVID-19. Chiusure totali per mesi, “prime linee”; semi-aperture piuttosto libere, “tane libera tutti” in estate e (oltre le apparenze) per alcune festività; colori, politica, economia e cittadinanza: questo caos-calmo che caratterizza oggi la nostra vita, che ne fa della responsabilità democratica degli italiani?

Sono passati più di 365 giorni da quando la vita di miliardi di persone è stata messa in discussione; in Italia, il “sacrosanto” diritto democratico alla libertà individuale, che fino all’anno scorso ha costituito l’ immaginario collettivo, è oggi, 22 febbraio 2021, fortemente alterato; la realtà alla quale siamo tenuti a far fronte scardina le nostre certezze, costringendoci ad alternative fortemente lontane dall’idea di quotidianità del cittadino moderno, abituato alla massima libertà.

Si può uscire, ma fino alle 22 (però nell’intimità della casa, non si sa cosa accada); dopo le 22, coprifuoco“.

“L’economia chiama: zona gialla, si può uscire, ci si può incontrare: abbasso le mascherine, in alto i calici”.

“Ops! Troppo caos, si ritorna arancioni: non si può consumare in compagnia, ma si può andare al centro commerciale durante la settimana (allora ci si vede là!”).

“Che ne sarà dell’estate? Non vorremo mica rovinare i sogni di nove mesi, lontani dal mare?!”

“Chi lo sa.. E da chi dipende?”

Per tentare di osservare la situazione attuale, concreta, ma comunque surreale, si potrebbe partire dall’idea di Democrazia: il sito “Una parola al giorno.it” (di seguito il link: https://unaparolaalgiorno.it/significato/democrazia ) ricorda del potere elettorale del popolo, per il quale i rappresentanti sono tenuti a difendere un diritto soggettivo, quale può essere quello volto al ben-essere; la rivendicazione di una libertà che permetta la realizzazione del ‘proprio ruolo nel mondo’; nel nostro caso, all’interno della cornice sociale italiana.

Suggerisce anche che “i momenti di crisi, come occasioni di maturazione (le nostre occasioni), la cui portata è decisa dal valore culturale che esprimiamo innanzitutto come singoli”, non riguardano – a differenza di come capita di affermare – , la sola responsabilità ideologica, e dunque pratica, dell’istituzione governativa: se così fosse, si sarebbe forse costretti, nostro malgrado, ad affermare l’inesistenza della persona come cittadina; ci si ritroverebbe a coincidere con l’essere “burattini liberi, costretti da invisibili, ma indistruttibili fili mossi dal burattinaio-governo’.

Se così fosse (e se fosse così?), l’ideale democratico di rivendicazione della “responsabilità civica”, verrebbe meno, così come l’idea stessa di democrazia si troverebbe svuotata del significato che il termine riassume.

Spogliarsi della possibilità (/obbligatorietà) decisionale nei confronti della propria e altrui quotidianità comporta una trasformazione del senso di cittadinanza: l’adeguamento inerme alle disposizioni mano a mano prese rivelerebbe l’inconsistenza del ruolo politico cittadino.

Se lo sviluppo di COVID-19 dipende esclusivamente dalle decisioni politiche – ricadendo comunque sulle azioni quotidiane dei cittadini -, non è forse perché il popolo ha dato alla politica il potere di fungere non da mezzo per l’affermazione della vita, ma da fine del progetto sociale stesso?

La crisi economica, valoriale, emotiva della società italiana è rappresentata quale “colpa” dell’istituzione; peso che grava esclusivamente sulle decisioni che, qualcuno, prende per noi.

Cosa diviene il “noi”, nel momento in cui implica la sola possibilità a sottostare (comunque come libertini) ai provvedimenti atti a limitare – nella speranza di sconfiggere – la diffusa presenza del virus?

Accettare che un cambio di colore comporti la diminuzione di pericolosità per la diffusione del virus, oltre l’apparente riconquista di libertà che garantisce – costretta per il governo, intimorito dal malcontento (si assume un connotato disinteresse per l’equilibrio economico della cittadinanza, ma un profondo interesse al mantenimento dello status quo) – rivela un’irresponsabilità del cittadino che, seppur vittima (di economia e politica), diviene anche carnefice di se stesso.

Il modo di vivere consumistico, strutturalmente caratterizzato dal binomio produzione-consumo, richiede di adeguarsi alla semi-libertà, garantita solo dopo le limitazioni dei giorni feriali; permette di spogliarsi di ogni responsabilità civica nei momenti liberi dall’onere lavorativo.  

“Yes, week-end”, è un motto che impera da prima dell’era Covid; un modus vivendi che ha in sé le proprie contraddizioni, e che, per l’attuale periodo, rivela l’inesistenza dell’intenzionalità – quale consapevolezza – civica, tutta volta a favore della massima Libertà, e che inevitabilmente ripropone la massima Illibertà (citazione estratta da Rousseau).

Fonti:

https://www.treccani.it/enciclopedia/jean-jacques-rousseau/).

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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