SI può ancora stupire ed emozionare scrivendo della Shoah? Oppure la coltre del tempo e quella pigrizia che nasce dalla mancanza del culto della memoria ci ha definitivamente anestetizzati? Quando la scrittura è potente, evocativa, oscillante tra un tono favolistico e la crudezza di un orrore indicibile, il miracolo si compie ancora una volta. E’ il caso dell’ultima fatica di Jean-Claude Grumberg, classe 1939, scrittore, sceneggiatore e drammaturgo francese che ci consegna con “Una merce molto pregiata” un romanzo aspro e commovente. Nell’opera sono evidenti le tracce autobiografiche dell’autore che ha avuto padre e nonni deportati nel 1942 e mai più tornati a casa, ma questo doloroso imprinting autobiografico non impediscono al romanzo di parlarci di una condizione umana drammatica che coinvolgendo un popolo assume i tragici connotati di un archetipo diabolico e quasi inenarrabile. Quasi perché Grumberg compie un miracolo con la sua scrittura e ci fa amare questo piccolo capolavoro.
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