Categories: Scienza

Una scommessa particolare

Corre l’anno 2000. Il Progetto Genoma Umano la collaborazione scientifica più costosa ed imponente dopo quella che ha portato alla realizzazione del CERN di Ginevra è in pieno svolgimento. A Cold Spring Harbor un istituto di ricerca che sorge a Oyster Bay, nello Stato di New York si sta svolgendo un importante convegno internazionale di genetisti.

In una pausa dei lavori, al bar del centro, tra una birra ed uno shot, Ewan Birney, un giovane genetista, probabilmente spinto dai postumi di una leggera ebbrezza, aprì un libro delle scommesse. Importunò i più importanti genetisti del mondo riuniti lì per il convegno e, per un dollaro a testa, li invitò a fare una previsione sul numero di geni di un essere umano. Il vincitore si sarebbe aggiudicato il piatto e una bottiglia di Scotch.

Su un foglio iniziò a registrare oltre alle regole della scommessa, anche i partecipanti. Il foglio diventa ben presto un pasticcio di scarabocchi, con cancellature, nove clausole aggiunte e cinque note a piè di pagina: tutte correzioni fatte perché, essendo scienziati, gli scommettitori ci tenevano alle definizioni precise, e sull’esatta definizione di gene c’erano disaccordo e discussioni. Pertanto, oltre alle regole generali e alle note di servizio (recapiti, quando sarebbe stata presa la decisione, «no scommesse scritte a matita», «una puntata per persona all’anno»), nelle note finali si specifica cosa sia un gene, almeno sulla base del comune intendimento a quel tempo. Parteciparono tutti. Nei tre anni che seguirono furono 460 i genetisti che aprirono il portafogli (la posta salì a 5 dollari nel 2001 e a 20 dollari nel 2003).

Nessuno dei 460 genetisti, alcuni dei quali diventarono con il tempo veri e propri giganti della scienza vincendo anche il Premio Nobel, indovinarono il numero esatto dei geni che componevano il DNA umano. Come stabilito nel libro delle scommesse, il premio sarebbe stato assegnato nel 2003. Una volta tornati a Cold Spring Harbor, alla fine il montepremi andò a Lee Rowen, allora ricercatrice quarantanovenne che gestiva uno dei primi importanti centri genomici sotto la direzione di Leroy Hood, oggi come allora uno dei più autorevoli genetisti al livello mondiale. Era anche lei in quel bar quella sera del 2000 quando di fronte a una birra si appianò la questione della definizione di gene. Secondo lei i geni erano 25947. In realtà, come si scoprì poco tempo dopo, i geni sono circa 20000.

La Rowen rifiutò la bottiglia di scotch e non spese mai i soldi della scommessa consapevole che anche la sua previsione era errata di circa 6000 geni. D’altra parte anche la definizione di gene era tutt’altro che univoca, secondo le regole scritte nel foglio delle scommesse per gene si doveva intendere pezzi di DNA che codificano una proteina.

Oggi sappiamo che molti segmenti di DNA codificano solamente un tipo di RNA, ritenuto una molecola intermediaria, e che pur non esprimendosi mai come proteina possiedono comunque delle funzioni biologiche fondamentali. Quindi con ogni probabilità un tipo differente di gene, ma pur sempre un gene.

Se la prima grande scoperta del Progetto Genoma Umano fu lo scarso numero di geni, la seconda fu che la quasi totalità del genoma non è costituita da geni. L’esoma – il DNA che in un genoma codifica effettivamente le proteine che permettono la vita – rappresenta meno del 2 per cento del DNA totale di un essere umano.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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