giovedì, Settembre 19

Una vista a tre colori

L’uomo ha una vista tricromatica ovvero abbiamo una visione a tre colori. Catturiamo la luce o meglio i fotoni attraverso le nostre pupille grazie a dei fotorecettori, cellule altamente specializzate che si collocano sul fondo dell’occhio.

Sono i coni e i bastoncelli: i secondi sono specializzati nel cogliere il movimento e per le condizioni di scarsa luminosità e sono posti alla periferia della retina, questo spiega perché con la coda dell’occhio siamo in grado di percepire un movimento senza però riuscire a mettere a fuoco l’immagine.

I coni sono posizionati invece al centro dove la visione nitida dei colori è ottimale. Esistono inoltre tre tipi di coni, ognuno specializzato per una specifica lunghezza d’onda della luce, la quale determina il colore che vediamo. La suddivisione generica è tra bassa, media e alta lunghezza d’onda, corrispondenti grossomodo a blu, verde e rosso, anche se lo spettro talvolta si sovrappone permettendo lievi variazioni da persona a persona.

Ciò che differenzia i coni è una sola proteina: l’opsina. Il fotone attraversa la cornea trasparente e il cristallino, quindi due tessuti gelatinosi, l’umor acqueo e l’umor vitreo, tre strati di cellule cerebrali, nervi e vasi sanguigni, fino al fondo interno dell’occhio, dove, sulle estremità dei coni, si trovano le molecole di opsina.

Qui vengono catturati dall’opsina che modifica la conformazione del fotorecettore e fa partire un impulso elettrico che attraverso il nervo ottico raggiunge la corteccia visiva del cervello, e ciò consente la visione. Molti mammiferi hanno solo due opsine e quindi vedono peggio di noi, noi come le grandi scimmie invece siamo stati dotati dall’evoluzione di tre opsine.

I felini hanno molti più bastoncelli di noi e perciò vedono meglio di notte ma non sono in grado di distinguere i colori. Nel regno animale c’è chi è messo molto meglio di noi, alcune specie di crostacei possiedono almeno sedici opsine e pertanto sono capaci di vedere, oltre al blu, al rosso e al verde, la luce polarizzata, l’ultravioletta e altre frequenze luminose che noi possiamo solo sognarci.

La nostra vista a tre colori è il prodotto di massicce duplicazioni di interi segmenti di DNA, con conseguenti errori di trascrizione che si sono sviluppate nel corso di milioni di anni. I colori dipendono dalla lunghezza d’onda della luce che riusciamo a vedere e il gene dell’opsina della bassa lunghezza d’onda si trova sul cromosoma 7, mentre quelli della media e dell’alta sono sulla X. Ecco perché il maggior numero di daltonici si riscontra negli uomini, in una donna un’opsina difettosa su una X può essere compensata dalla seconda X, “salvataggio” impossibile per i maschi.

L’evoluzione non si arresta mai va avanti tra continui ed innumerevoli errori di trascrizione del nostro patrimonio genetico che può con il passaggio di centinaia di milioni di anni produrre modifiche od implementazioni delle nostre funzionalità. Si ritiene, per rimanere sul tema della vista, che almeno 1 donna su 8 possa essere tetracromatica.

Non sappiamo però se questa variante genetica in più conferisca la capacità di vedere colori distinti dove noi vediamo un’unica tonalità.

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