giovedì, Settembre 19

Viaggio nel tempo fino all’età oscura dell’Universo

Circa 380.000 anni dopo il Big Bang l’universo iniziò a raffreddarsi e si formarono i primi atomi di idrogeno. Dopo poco si addensarono enormi nubi di questo elemento, ma tutto era buio, perché le prime stelle avrebbero impiegato ancora alcune centinaia di migliaia di anni prima di formarsi.

Con la comparsa delle stelle primeve iniziarono a formarsi le galassie e la struttura del cosmo per come la conosciamo. I “germogli” di questa struttura dovevano esistere già nelle gigantesche nubi di idrogeno dell’età oscura, ma l’assenza di luce ha reso impossibile osservarli con gli attuali telescopi ottici.

Ed anche se l’idrogeno emette onde radio a bassa frequenta per i radiotelescopi terrestri è stato quasi impossibile captarne i segnali. La nostra atmosfera blocca o disturba queste emissioni e quei pochi segnali che riescono a passare sono sovrastati dal rumore di fondo delle onde radio prodotte dall’uomo.

Da molti anni gli astrofici sognano di poter compiere delle osservazioni indietro nel tempo, fino all’età oscura dell’universo, dall’altra faccia della Luna, quella schermata dalle interferenze radio terrestri e priva di un’atmosfera che ingabbia e deforma le onde elettromagnetiche.

Quando nel lontanissimo 1959 la sonda sovietica LUNA 3 scattò le prime foto della faccia nascosta del nostro satellite questa si presentava molto diversa da quella che osserviamo direttamente, al posto di vaste pianure la superficie era butterata da crateri e montagne. Per molti ricercatori il luogo ideale per posizionare un radiotelescopio è proprio il lato nascosto della Luna ed a questo lavorano numerosi progetti internazionali.

L’idea che sia possibile rilevare l’idrogeno neutro con un radiotelescopio risale agli anni Quaranta del Ventesimo secolo. L’astronomo olandese Hendrik Christoffel van de Hulst (1918 –  2000) nel  1944, mentre era ancora studente all’università di Utrecht, predisse l’esistenza della riga a 21 cm dell’idrogeno neutro interstellare, ipotizzando che questi atomi potessero emettere impulsi di radiazione elettromagnetica.

Queste emissioni sono una sorta di “battito cardiaco” dell’idrogeno e sommandosi danno un segnale rilevabile quando il gas si addensa in gigantesche nubi cosmiche. Questi primi segnali dovrebbero essere “partiti” 380.000 anni dopo il Big Bang quando l’universo si raffreddò abbastanza da permettere a protoni ed elettroni di unirsi formando appunto atomi di idrogeno.

Tra gli effetti di questa “unione” deve annoverarsi il fatto che l’universo divenne più trasparente permettendo così alla radiazione fossile di diffondersi nello spazio. Oggi osserviamo questa radiazione primeva come radiazione cosmica di fondo a microonde. Da quel primo momento l’idrogeno neutro ha pervaso l’universo fino all’alba del cosmo con la nascita di stelle e galassie.

Per i cosmologi studiare l’età oscura dell’universo è una vera e propria “prelibatezza”. C’è l’opportunità di osservare l’universo ancora non modificato dagli effetti astrofisici. E’ possibile che i segnali a 21 centimetri provenienti dall’età oscura aprano il campo ad una nuova fisica o presentino deviazioni del modello cosmologico standard. I primi radiotelescopi che potrebbero essere installati sulla faccia nascosta della Luna saranno strumenti molto semplici che potranno soltanto marginalmente scandagliare l’età oscura dell’universo.

Dovremo aspettare radiotelescopi più sofisticati per far emergere con maggiore dettaglio il segnale a 21 centimetri che consentiranno agli astronomi di realizzare mappe dinamiche e ad alta risoluzione delle nubi di idrogeno primeve. Si potrebbe così mappare l’evoluzione dell’universo dall’età oscura fino all’alba del cosmo, con la formazione di stelle e galassie.

I primi strumenti ad aprire questa nuova fase della radioastronomia sono quelli depositati dalla sonda cinese Chang’e-4 sul lato nascosto della Luna e del relativo orbiter Queqiao che ritrasmette i segnali del lander sulla Terra. Si tratta ancora di strumenti relativamente “rozzi”. I futuri veicoli spaziali destinati a questa missione dovranno essere schermati in modo più efficiente per minimizzare le interferenze. Il prossimo strumento dovrebbe essere lanciato verso la fine di quest’anno. Si tratta di ROLSES che pur scendendo nell’Oceanus Procellarum, sulla faccia visibile del satellite, rappresenterà un passaggio cruciale per il lavoro da svolgere in futuro sulla faccia nascosta della Luna.

Si tratta di un progetto che ha una genesi lunghissima, circa 35 anni e che ormai è davvero sulla rampa di lancio. Nel 2024 dovrebbe essere poi la volta della missione Lunar Surface Electromagnetics Experiment, o LuSEE, costituita dallo Space Science Laboratory per studiare i campi magnetici ed elettrici sulla superficie lunare e come interagiscono con le particelle di polvere fine. LuSEE atterrerà nella faccia nascosta del satellite e tra i suoi strumenti annovererà DAPPER un radiotelescopio in grado di captare i segnali a 21 centimetri. In un futuro più lungo ci sono piani ambiziosi che prevedono di installare sulla Luna schiere di antenne, più efficaci nel catturare segnali rispetto alle antenne singole.

Non sarà un’impresa facile sia per il rischio che questi strumenti vengano danneggiati dal gelo delle notti lunari che durano 14 dei nostri giorni sia per la configurazione accidentata del terreno lunare. Un test di fattibilità sarà svolto quest’anno dal Centro aerospaziale tedesco sulle pendici dell’Etna. I rover saranno controllati in remoto e ognuno di loro porterà a bordo quattro antenne.

L’inospitale e gelido lato oscuro della Luna è sempre più appetibile per cosmologi ed astrofisici e nei prossimi anni ne vedremo delle belle.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Le Scienze, giugno 2021, ed. cartacea

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